Tra chiese trasformate in moschee, una Libia in deriva islamista, le notti di terrore in alcuni paesi europei, l’acquisto commerciale dell’Occidente da parte dei Paesi del Golfo ed altre variabili sociopolitiche, c’è ancora chi si chiede il perché di certe radicalizzazioni giovanili e non.
E, nella sostanza, non ci vorrebbe molto per dare una risposta profonda e precisa al posto, ma lo sguardo dell’uomo moderno, illuminato e progressista, è in verità cieco di fronte a questo fenomeno politico-religioso.
La sua pseudocultura materialista e relativista usa attrezzi mentali spuntati per affrontare la questione; egli ragiona in termini sociologici, psicologici, geografici, commerciali, polizieschi, ideologici, quando il pensiero islamista fonda la sua dottrina sul simbolico e sul sacro.
Basti osservare il modo di affrontare la morte, che Régis Debray riassume in una formula incisiva, esaustiva: <<A loro, l’Essere, a noi, il Nulla>>, per percepire l’abisso di incomprensione e l’impossibilità al confronto.
L’Islam radicale edifica ogni sua argomentazione sui princìpi dell’ordine cosmico, del Dio inaccessibile, di Maometto padrone della parola-verità: non c’è possibilità di negoziazione su questi dogmi, pena la morte per apostasia. Per l’Islam radicale il passato è vissuto interiormente come promessa di un futuro radioso, come fonte di fierezza e di aspirazione: una volontà di riconquista dell’antica gloria mai disdegnata. Per l’Islam radicale la vita terrena è un passaggio obbligato che deve essere onorato con comportamenti e pensieri conformati alla parola di Allah: ogni gesto deve corrispondere al volere divino e – qui arriviamo al nocciolo del problema terroristico – il massimo della beatitudine si raggiunge con il martirio, quindi con l’accesso al paradiso.
A questo punto, giustamente, Debray sottolinea con una certa e legittima ironia che <<le uniche persone che parlano di paradiso nello spazio pubblico sono i terroristi>>.
Si può dire che l’Islam combatte l’Occidente? Anche sì, ma specificando che la sua lotta è contro il nichilismo che l’Occidente rappresenta. Anzi, si potrebbe aggiungere che è proprio l’Occidente nichilista la causa della rinascita del radicalismo islamico.
Un Occidente caotico, che non riconosce nessuna verità trascendente tranne le mille personali ed egoiste, organizzate e indotte dal consumismo liberal-capitalista e dalle sue perverse e immorali voglie individuali e collettive. Che non soltanto nega il passato, ma lo colpevolizza con atti di contrizione e di masochistica mortificazione, inventandosi colpe come nei peggiori processi delle purghe comuniste e chiedendo con soddisfatto autolesionismo l’adeguata punizione da scontare.
Che con la teologia sovversiva prodottasi in decenni di degrado ecclesiastico ha abbassato il paradiso cristiano ad una utopia personale ed ha svuotato il cristianesimo ad una pratica sociologica della bontà e del comportamento moralistico. La stessa morte eroica del martirio si è voluta ridurla ad un’espressione psicopatologica equivocando sulla speranza religiosa per poterla diagnosticare come illusione delirante.
E intanto il sacro dell’Islam avanza, mentre l’Occidente si contorce nell’agonia del suo nichilismo, senza passato, senza futuro, e senza capire il perché della sua fine ingloriosa.