Il Borghese – Maggio 2020
È un bel problema per l’antifascismo la calendarizzazione di questa epidemia. Il divieto di assembramenti e manifestazioni comprende proprio quel 25 aprile, che tra canti, comizi, pastasciutte e intrattenimenti vari, è da sempre la festa dei traditori della Nazione e degli acclamatori degli invasori.
Costretti a nascondersi per motivi sanitari, cosa per altro risultante facile per chi è sempre stato abituato a imboscarsi per motivi politici, lanciano un proclama dall’alto valore simbolico: affacciarsi ai balconi di casa sgolandosi a cantare “Bella ciao”.
La commozione, a questo punto, si manifesta senza ritegno, offuscando il minimo pudore.
Insomma, un antifascismo con le mascherine e i guantini per fare sentire al paese che la Resistenza è viva, che non c’è virus che tenga nell’affrontare eroicamente l’isolamento della quarantena.
Dai “Diari dal carcere” alle cronache dal davanzale, secondo l’intuizione marxista della storia che diventa farsa.
In questo periodo noi, reietti della democrazia e untori del totalitarismo, in anticipo come sempre sul tempo, quindi inattuali, glisseremo sul 25 aprile e arriveremo rapidamente, a passo romano come ci si addice, all’8 settembre: e qui parte il godimento.
L’8 settembre di questa repubblichina antifascista, concepita dal tradimento, nutrita dalla mafia, partorita col forcipe americano, svezzata dal piano Marshall, allevata con l’odio e la menzogna, finalmente è arrivato.
Il fascismo fu sconfitto da un’alleanza internazionale, il comunismo da un supermercato e da una banca, il sistema Italia, antifascista e resistenziale, da un parassita obbligato.
Di fronte a questa accertata e documentata emergenza, la democrazia ha dimostrato tutta la sua nudità, senza i paramenti ingannevoli e suggestivi della demagogia parolaia e delle insulsaggini artificiose.
È superfluo avvalersi di concezioni, di studi e di interpretazioni ricavabili dalla politologia per analizzare l’argomento; sarebbe umiliante anche per gli esimi studiosi, vista la bassezza dei personaggi sotto osservazione e la banalità delle questioni emerse.
Abbiamo un Presidente della Repubblica evanescente, rarefatto, inconsistente. Di fronte a questo stato di eccezione ha sussurrato qualche diffida per il comportamento dell’Europa, per altro subito dopo neutralizzato sibilando qualche avvertimento al campo sovranista, ha sostenuto con un silenzioso assenso questo governo illegittimo, ha bisbigliato degli augurali conforti al popolo trasandato.
Abbiamo un Presidente del Consiglio il cui decisionismo è direttamente proporzionale alla sua incompetenza, e la cui autorità è fervidamente sostenuta da un Rocco Casalino, suo portavoce e capo ufficio stampa, la cui preparazione è facilmente recuperabile su internet. Il suo arrogante narcisismo è da ritenersi unico nella storia politica di questa traballante repubblica.
Abbiamo un Ministro degli Esteri che, dall’alto delle sue capacità nel settore della ristorazione in ambito sportivo e nell’asporto di pizze, in piena emergenza anche economica distribuisce milionate di euro a paesi stranieri, sopportando con sguardo fatuo e nebuloso denunce parlamentari sul suo comportamento.
Abbiamo un Ministro dell’Economia e delle Finanze che fa il ragioniere di Bruxelles, un Ministro dell’Interno che è un agente della pandemia allogena, un Ministro della Sanità il cui cognome, i latini, l’hanno tradotto dall’ebraico antico con il termine di illusio.
Abbiamo, in sostanza, un assemblato di impreparazioni e di dilettantismi, un frullato democratico di incapacità istituzionali.
L’emergenza epidemica ha dimostrato l’incapacità democratica ad affrontare le evenienze, naturali e non, con un risultato: lo spontaneo depotenziamento del virus antifascista. Perché l’antifascismo, come ogni parassita obbligato, necessita di annidarsi in un organismo vivente e si replica sfruttando gli elementi vitali dello stesso. E quando questo organismo malconcio e defedato finirà il suo ciclo vitale dopo settant’anni di esistenza, finirà con esso anche il suo inquilino infestante la libertà, il pensiero e l’orgoglio stesso della Nazione contagiata.