Questo incipit, che è poi il motto del mio blog oltre che l’esclamazione di Mago Merlino, mi pare confacente per commentare l’articolo di un tale “Emanuele Ludovisi, dirigente industria, (Roma,1952) completati gli studi classici ed economici entra nel mondo dell’industria arrivando a ricoprire incarichi di vertice in importanti aziende pubbliche, a partecipazione statale e private. In gioventù collabora a iniziative giornalistiche in campo teatrale e letterario”.
Uso questo pronome senza alcuna valenza irrispettosa, ma per riconoscere la mia totale ignoranza su questa persona. Anche perché, a parte il suo curriculum autocitato e riportato testualmente, nulla è reperibile in rete come è consueto trovare – curriculum, lavori letterari, articoli ed altre notizie personali.
Il titolo del suo pezzo è “Unione europea: la grande incompiuta”, che già sottintende una predisposizione ideologica, poi confermata nel testo.
Si potrebbe anche evitare di discuterne, limitandosi a riportare una mole di saggistica critica particolarmente documentata, ma l’occasione è troppo ghiotta per evitarla.
A parte alcune argomentazioni incontestabili, quali l’incapacità di questa Europa di affrontare crisi economiche o sanitarie come quella in corso, oppure l’assenza di una politica fiscale comunitaria, o il difetto elettorale che non consente l’elezione dei cosiddetti “commissari”, sono alcuni passaggi “culturali” che mi risultano particolarmente superficiali e settari.
Andrò necessariamente per spot, per un’altrettanta necessaria brevità.
La “grande intuizione” di Churchill è stata concepita nel 1920 con la Società delle Nazioni, introducendo i miti del razionalismo e del capitalismo e distruggendo definitivamente quello che fu il grande impero europeo. Fu Emil Cohn, noto come Ludwig a dichiarare l’inutilità di “mantenere in vita un’Europa insopportabile”.
Si parla di polemiche sovraniste invece di chiedersi se sia “ancora plausibile la capacità di competizione democratica di singole nazioni della dimensione dell’Italia o della Germania”. Cosa intende con ciò l’illustre statista? Forse di liquidare le nazioni e le specifiche sovranità per delegare il potere ad un’entità sovranazionale dove le decisioni sono dirette dal potere finanziario con la totale neutralizzazione del Politico – per dirla alla Carl Schmitt? Se intende “sinarchia”, faceva prima ad esplicitarlo.
E poi, settant’anni di pace di fronte a due millenni di guerre, vogliamo mettere? Mi rivolgo, in questo caso, all’illustre storico. Duemila anni di guerre hanno costruito una civiltà; settant’anni di pace servile ha portato l’Europa a diventare il ricettacolo di tutti gli scarti del mondo, rinnegando cultura, tradizioni, stili di vita, religioni e retaggi spirituali.
Adesso cambio timbro, e mi rivolgo all’illustre intellettuale. Qui le cose perdono di serietà e si scade nel ridicolo. L’emerito compara l’Erasmus con i “master” dell’antichità in Grecia o gli spostamenti nelle università europee dei dotti di allora. Insomma, i viaggi di Goethe sovrapponibili alle escursioni del Club Mediterranee. A questo proposito consiglio un tomo impegnativo per il contenuto e la grafica, ma fondamentale per comprendere il fenomeno: Paolo Borgognone, Generazione Erasmus, Oaks Edizioni 2017, 496 pagine con carattere Time Roman New 8 (più preciso di così).
Se poi, il citato McEwan, è quel Ian Russell che per due volte è stato accusato di plagio per il suo primo romanzo Il giardino di cemento[ e poi per Espiazione: allora siamo all’apoteosi. Dice il mirabolante inglese dell’Europa, la cui nazione è uscita dalla stessa sbattendo la porta: “luogo di democrazia più avanzato nel mondo”. “Il meglio che c’è al mondo” è stato giustamente rifiutato dal suo Paese.
Quindi, un appunto finale: Noi “non siamo” questa Europa dei mercanti, dei biscazzieri, degli estorsori, della dittatura della finanza transnazionale e del capitalismo mondialista. Noi siamo gli eredi di un’altra Europa da riprendere, decantare e restaurare. Voi tenetevi questo incubo, che nei perseguiamo il nostro sogno.