C’è chi fa informazione/comunicazione – un nome per tutti Marcello Foa, e chi predica, sentenzia, sancisce, giudica, assolve o condanna – un nome per tutti Andrea Scanzi. Il suo linguaggio è diversamente variegato per definire tutti coloro che non la pensano come lui e la cricca degli illuminati di cui fa parte – tanto per intenderci Floris, Sommi, Giannini, Gruber, Formigli ed altri maestri del pensiero di questo decadente terzo millennio. Il frasario varia da “scappati di casa”, “emeriti ignoranti”, “involuti psichiatrici”, “sottosviluppati mentali” e via via insultando. Non c’è personaggio, movimento o categoria in antitesi alle sue o alle loro tesi sociopolitiche che non sia tacciabile di ignoranza, di malafede o di stupidità.
Il portavoce dell’intellighenzia sinistra, laureatosi in Lettere con una tesi sui cantautori, che sulla sua pagina di Wikipedia è indicato come scrittore e drammaturgo, evidentemente al pari di Verga, D’Annunzio, Svevo, Pirandello, Deledda, Pavese, Buzzati, Calvino, Gadda…o Viviani, De Filippo, Testori, Pasolini, Bene… può permettersi evidentemente, data l’autoproclamazione ad intellettuale, di tracciare i giudizi ed emettere sentenze, come quella che negava alla destra una qualunque cultura negli ultimi trecento anni.
Ad un certo momento, però, la supponenza ha un attimo di ripiegamento e lascia il posto ad una compassionevole confessione, che viene addirittura titolata in un video: “La dura vita del Fatto Quotidiano (abbiamo bisogno di voi)”. All’interno di una supplica non solo di vicinanza politica e affettiva, ma piuttosto di supporto economico e commerciale attraverso la vendita di biglietti per eventi teatrali, di acquisto di libri suoi e dei suoi accoliti, di abbonamenti al quotidiano di appartenenza, c’è un cedimento nella corazza di arrogante superiorità.
Dateci l’obolo per aiutarci a sopportare le spese delle innumerevoli querele che fiondano sulle persone e sul giornale stesso!
In mezzo a questa scadente supplica mescolata ad una becerata pubblicitaria, due elementi esposti dal suddetto intellettuale meritano una rapida considerazione a parte. Il primo è la questione delle querele. Uno che rivendica la volontaria ricerca di insulti o di generiche malegrazie per poter querelare l’imbecille di turno e potergli spillare migliaia di euro, non può lamentarsi se altri agiscono nello stesso modo nei suoi confronti. Anzi, per evocare un antico ma sempre valido motto imperiale – “Parcere subjectos e debellare superbos” –, sarebbe più opportuno che la persona in posizione di potere perdonasse il povero mentecatto, invece che approfittare della sua miseria morale e culturale. Ma il feroce Scanzi non ha pietà per nessuno, tranne che per se stesso e per i suoi accoliti, che dovrebbero avere una specie di patente di immunità di dire e fare tutto e il contrario di tutto.
L’altro è lo scandalo di “Paragon” e delle intercettazioni a Francesco Cancellato di Fanpage, che deve essere additato alla vergogna internazionale e alla più precisa condanna a tutela della professionalità di giornalisti, mentre contemporaneamente, a fronte dell’intervento del Garante della privacy sulla pubblicazione del libro di Giacomo Salvini “Fratelli di chat”, nel quale si rendono pubblici messaggi personali di parlamentari, ministri e dirigenti di Fratelli d’Italia, alla faccia della segretezza per la messaggistica privata di Whatsapp, l’ineffabile Scanzi pretende il diritto/dovere di cronaca contro la censura di regime.
Per l’Oracolo aretino vige la legge del Marchese del Grillo: “Io sono io (Noi siamo noi) e voi non siete un cazzo”. La qualcosa mi può pure andar bene, ma se rivendicate la posizione di libertà professionale dovete mettere in conto, come in ogni impresa individuale o collettiva, che se la merce non è venduta per i più svariati motivi la ditta fallisce. Se la vostra carta stampata è in incontenibile tracollo non potete sempre pensare che la massa sia imbecille se non vi vota e non vi compra, mentre è superiore se vi osanna e vi applaude. La doppia morale è fallimentare quanto voi.