L’evento criminale che ha portato all’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milango, ha degli aspetti inquietanti sui quali è pericoloso sorvolare.
“Un ambasciatore è l’agente diplomatico che, secondo le norme del diritto internazionale, appartiene alla classe di rango più elevato. Egli rappresenta il capo di Stato del proprio paese presso un altro Stato. Suoi compiti sono: proteggere gli interessi nazionali e dei suoi cittadini sul territorio straniero, negoziare con il governo ospite, inviare informazioni in patria, promuovere la collaborazione economica, culturale e scientifica”.
Questo è quanto si trova nella semplice spiegazione di funzione che copriva Luca Attanasio in Congo.
Ora, l’uccisione di un rappresentante dell’Italia è un atto di guerra nei confronti della nostra Nazione. Poi, voi anime belle, soffuse di bontà, di comprensione e di viscida tolleranza umanitaria potete pure fare finta che l’evento sia solo un fatto tragico o una circostanza deprecabile, ma non è così.
Oggi – 25 febbraio – in due attacchi jihadisti sono state assassinate altre tredici persone, e sono circa mille dall’inizio dell’anno. Il Vescovo denuncia l’indifferenza internazionale, mentre cristiani vengono decapitati a colpi di machete. E l’Occidente che fa?
Come ha scritto in un post un amico, con condivisibile tragico sarcasmo: “È giunto il momento di spezzare le reni ai ribelli del Congo, ma Di Maio non sa cosa siano le reni, e neppure dov’è dislocato il Congo”.
Noi continuiamo in missioni di pace, a distribuire beni e supporti, mentre minoranze – per ora – sanguinarie perseguono obiettivi di conquista e di sopraffazione.
Nessuna scorta è stata chiesta per il più alto rappresentante dello Stato in terra straniera, nonostante la pericolosità del tragitto e la sua missione prevista.
Qui si distribuiscono scorte a politici e giornalisti anche per i pomeriggi di shopping e le serate danzanti, mentre non si attivano gli apparati di sicurezza per funzionari simbolici dello Stato.
Infine, per le operazioni di pace – termine ormai talmente mellifluo da risultare urtante – mandiamoci le suorine laiche delle ong, i predicatori dell’accoglienza, i distributori di amore e di comprensione, senza poi reclamare riscatti o ambigui rientri. Che i militari facciano i militari, e i martiri dimostrino la loro vocazione con i fatti e non con grottesche e inopportune genuflessioni.
Vai a spiegare al leone che sei vegetariano, poi vediamo un po’ se lo convinci a non sbranarti.