Prima di morire mi ero proposto di lasciare un segno dei miei studi e delle mie ricerche, trovare – come i grandi pensatori – un quadro clinico che entrasse nella storia della psicopatologia, ed ecco spuntare dalle nebbie dell’inconsistenza Mattia Sartori.
Ho subito pensato: questo è mio. Ho letto i suoi fantasiosi appunti, ho ascoltato le sue scompaginate parole, ho analizzato i suoi altisonanti proclami, ho registrato i suoi boriosi giudizi; così ho deciso che sarebbe diventato il prototipo di una nuova sindrome: il demo-narcisismo.
Di tipologie narcisistiche ce ne sono diverse, da quello primario a quello maligno, ma per la prima volta è stato scoperto da me quello peculiare collegato alla democrazia.
Anche questo si collega ad una dimensione precaria dell’autostima, ad un inconscio sentimento di nullità che si compensano con fantasie infantili di onnipotenza (le sardine cambieranno il mondo). L’organizzazione distorta del pensiero determina una dispercezione delle proprie competenze e della propria efficacia esistenziale.
Ecco, allora, sproloquiare su risultati eccezionali che neanche Salvini avrebbe raggiunto, oppure pontificare sull’insussistenza della questione di Bibbiano – qui, però già siamo sul versante maligno e criminale della banalizzazione di fatti giudiziari e sociali –, e ancora, sentenziare sulla difficoltà del Friuli-Venezia Giulia per la presenza del governatore Fedriga e del sindaco di Monfalcone Cisint.
Nei narcisisti la conferma del proprio valore deve sempre venire dall’esterno, fossero pure girotondi, barchette, gessetti o sardine a seconda dell’argomentazione da pasturare. Sensibili ai messaggi emotivi e irrazionali, compensativi di una mancanza interiore, puntano sulla raffigurazione dell’immagine, non potendo fondarsi sulla sostanza del soggetto. A questo punto emergono l’aggressività e l’invidia contro quelli che negano loro la grandezza e la superiorità morale.
I narcisisti sguazzano nella democrazia, e Mattia Sartori ne è la rappresentazione. C’è un’esenzione scontata da competenze e ragionevolezza: il diritto di parola è confuso con il diritto di dire stupidaggini.
In fondo sono dei bambinoni che pretendono riconoscimento da adulti – vedi Greta, ad esempio – e trovano un ottimo terreno di coltura perché mamma democrazia ascolta con trasporto e tenerezza la filosofia dei propri infanti, come osservava Gómez Dávila.
Ma, si sa, i narcisisti finiscono male, come insegna il mito, e nel caso di Sartori non si trasformerà in un fiore, ma finirà disperso nell’acquario da lui stesso creato.
Come dicono i miei amici calabresi: “nuddu mbiscatu cu nienti”, nulla mischiato al niente.