La chiusura della stalla dopo la fuga dei buoi è un vecchio modo di dire che è troppo tardi per rimediare a un danno: in altre parole, con una mancata prevenzione – e previsione – il male diventa incurabile.

È quanto sta accadendo a Monfalcone dopo una massiccia infiltrazione islamica sotto la copertura del diritto migratorio. Del comprovato business dell’accoglienza ci sono inchieste e documenti, così come sono altrettanto evidenti i passaggi quasi scientifici di occupazione del territorio e di quella sostituzione etnica che come termine fa tanto rabbrividire le anime belle della ospitalità amorevole.

Di un certo progetto abbiamo parlato a lungo e approfonditamente in sedi pubbliche in gruppi circoscritti e specializzati, quindi riprendere l’argomento daccapo è impossibile in questo contesto. Rimane comunque interessante e illuminante riassumere alcuni passaggi essenziali che hanno visto a Monfalcone una precisa sperimentazione.

Un progetto datato 1982 dal titolo Padroneggiare l’arte del possibile era stato sequestrato durante una perquisizione nella villa del miliardario egiziano Youssef Moustafa Nada, affiliato ai Fratelli Musulmani. Tra i dodici punti di infiltrazione/occupazione del territorio, alcuni emergono con inquietante precisione nella situazione della città: entrare democraticamente negli apparati politici, usufruire dei diritti civili previsti, creazione di comunità musulmane, costituire attività commerciali per finanziare la causa, dotarsi ovunque di rappresentanze per orientare mentalità e decisioni, educare e modellare le nuove generazioni alla causa islamica ed altre specifiche tattiche di occupazione. Della tanto sbandierata e rivendicata integrazione, neanche il minimo accenno, per il semplice motivo che neppure la intendono.

“Lungo è il tempo”, ha scritto il grande poeta Hölderlin, “ma si fa evento il vero”. E così, la sinistra monfalconese, quella che in vista delle elezioni è in affanno per raccattare il voto degli incazzati isontini, di fronte alla questione emersa del niqāb delle bambine in una scuola, del loro diritto e della necessità del controllo da parte delle insegnanti, si contorcono in elucubrazioni più untuose e retoriche che propositive.

La questione è a metà strada tra il patetico e riprovevole, perché ciò che sta accadendo in una piccola cittadina come questa è semplicemente ciò che è accaduto, qualche decennio fa, in Francia, in Belgio, in Inghilterra, in Svezia e molti altri paesi europei. Non aver preso in considerazione questi eventi è soltanto il segno di una squallida malafede o di una irreparabile stupidità.

In termini molto più colti e gravidi di significato, il meccanismo che determina eventi di questa portata lo aveva in qualche modo profetizzato nel 1816 Hegel nella Scienza della logica: “Un fenomeno quando aumenta quantitativamente determina una modificazione radicale e qualitativa del paesaggio”. E ciò è accaduto, con il 30% di allogeni, a Monfalcone e ovunque.