Eccoli i salvatori della patria! Senza orrore di loro stessi, senza la minima dignità per la loro miserabile esistenza da parassiti, si autoproclamano protettori della nazione e garanti del popolo, dopo aver distrutta l’una e inattivato l’altro.

Sono gli estimatori della sanità pubblica e i censori della sua criticità, ora addirittura i suoi neoricostruttori, dopo averla demolita con il processo di aziendalizzazione e di privatizzazione pirata.

Erano gli anni 1994-95 quando iniziò il processo demolitorio del Servizio Sanitario Nazionale. Il progetto rivoluzionario era quello di depoliticizzare la sanità e rendere più efficiente, efficace e razionale la sua organizzazione. La questione puzzava già dall’inizio e qualcuno, pochi, come il sottoscritto si oppose alla manovra sospetta. È così che il 31 dicembre del 2000, alle ore 12:00, si concluse con una farsa interna gestita dalla troika aziendale un processo a mio carico con la condanna al trasferimento, alla riduzione dell’incarico funzionale e dello stipendio “per aver attivamente ostacolato le direttive prescritte”. Vinsi il ricorso ad agosto dello stesso anno, ma il risultato immediato fu la diserzione dei dissidenti. La soddisfazione cinica fu quella di avere ragione. La deriva è ampiamente dimostrata dal disastro attuale, ed è stata attuata attraverso una serie metodica e perversa di falsificazioni e di manipolazioni concrete e propagandistiche.

La battaglia contro la lottizzazione si dimostrò ipocrita e fraudolenta: le nomine dei sedicenti manager e dei loro complici sodali è finita peggio della peggiore partitocrazia, dimostrando l’immoralità delle scelte all’interno di una legalità formale.

Il potere politico antico era quanto meno colto e preparato, quello attuale è infarcito di ignoranza, di incapacità e di incompetenza, direttamente proporzionali all’arroganza.

Le nomine sanitarie, da allora, prevedono devozione al padrino e sottomissione all’apparato di sostegno, con la conseguenza di non avere alcuna autonomia nelle scelte specialistiche, ma di dover sottostare ai dettati economici e alle procedure finanziarie delle direzioni generali. La professionalità è stata coartata entro i margini del ridimensionamento delle risorse e dell’esecuzione passiva delle procedure.

Si parla tanto di sovranità nazionale, ma la sovranità del soggetto ammalato è da tempo che è stata esautorata. Gli infami per anni si sono riempiti la bocca con formule del tipo “centralità della persona” o “rispetto della salute di comunità”, mentre nell’ombra tramavano contro i minimi diritti dell’individuo e degli operatori più seri ed impegnati.

Anche il declamato risparmio è stato solo uno scandaloso imbroglio. L’impostazione amministrativa della salute, con le sue imposizioni di bilancio, ha solo favorito gli interessi parassitari di alcuni, ma non ha apportato nessun miglioramento effettivo nella lunga distanza, a parte quello delle varie strutture privatistiche.

C’è chi denuncia, giustamente, il gestionalismo aziendale a discapito della funzione sanitaria, e soprattutto medica. È lo stesso che contesta il perverso ragionamento, in sé anche ottuso e irrazionale, che la riduzione delle risorse economiche avrebbe condotto anche ad un adattamento dei bisogni sanitari. Questa considerazione manifesta o l’idiozia o la criminalità di chi la pronuncia, o peggio ancora entrambe le posizioni.

Ma quello che scandalizza e disgusta della condizione non solo immediata è il riciclaggio degli ignobili distruttori. Ho visto medici arricchirsi con le prestazioni esterne – si chiamava compartecipazione – per poi continuare il bottino con le restrizioni delle medesime. Ho visto incapaci operatori non medici diventare capi di dipartimenti sanitari. Ho visto infermieri spioni dei direttori diventare referenti della categoria. Ho visto le capriole di chi lucrava sui ricoveri, poi speculava sulle dimissioni, e adesso pontifica sulla rinascita della sanità.

Ho visto cose immorali che sono state denunciate, e condanne immorali per chi le denunciava, fino alla dimissione di questi o al loro volontario isolamento.

Io c’ero, e li conosco uno ad uno.

Lo stesso discorso riguarda la scuola, ma sarà argomento di una prossima puntata.