È lei il simbolo della contemporaneità. È lei, portatrice di verità, che per non aver ceduto alle voglie di Apollo fu condannata ad essere inascoltata. È lei la Profetessa che predisse le disgrazie troiane, per finire violentata e uccisa dopo che si erano confermati i suoi presagi.
Uniamo questo simbolo della cecità della massa con la consuetudine attuale della retorica e avremo l’atmosfera di annebbiamento cognitivo e di debolezza decisionale che sta progressivamente portando alla deriva la nostra già precaria società.
Dal parlamento all’ultimo belato del gregge accomodante, dai gazzettieri in video o cartacei ai guitti cinematografici o teatranti, dalle pornostar della virologia alle vestali guardiane della terra – che sanno benissimo che “credenza e scienza non sono la stessa cosa” (Socrate) –, dai togati tutori del diritto e della giustizia agli indulgenti della compassione e della redenzione, tutti sono coinvolti in questa tanto impotente quanto macabra sagra della retorica.
Ogni giorno si assiste a teatrini più o meno penosi in cui incompetenti di ogni genere e grado, affetti da quel virus letale del pensiero e della volontà identificato come democrazia, pontificano su ciò che non sanno, perché in fondo “non c’è nessun bisogno che la retorica conosca i contenuti; le basta aver scoperto una certa qual tecnica di persuasione, sì da poter apparire ai non competenti di saperne di più dei competenti” (Socrate).

Uno potrebbe fregarsene di queste quotidiane fregnacce. Che danno possono fare certi personaggi da osteria, con trenta chili in più e al secondo fiasco scadente, che urlano consigli ai giocatori della squadra di calcio sentendosi infallibili commissari tecnici? Nessuno, è ovvio. Ma questi non hanno nessun incarico nella formazione della squadra e nella decisione del gioco. Gli altri sì.
Perché la retorica infestante è quella che inquina e intossica i fondatori di comitati e di fondazioni, le redazioni e gli uffici scolastici, i ministeri e le aule di giustizia, gli studi di psicologi, sociologi, educatori. Ovunque si straparla di patriarcato – ultima moda per fare attirare l’attenzione –, di sicurezza, di accoglienza, di vittime, di carnefici, di pedagogia, di green ecc.: si parla di tutto ciò che non si sa, confermando che “in realtà è chi è ignorante tra gli ignoranti che sarà più persuasivo di chi ha la scienza” (Socrate).
Abbiamo visto soprattutto in questi ultimi anni come le Cassandre e i Cassandri – notare l’adeguamento linguistico – sono finiti: da operatori sul campo a Premi Nobel, tutti nel dimenticatoio sociale e sostituiti dai rètori “senza dubbio in grado di parlare contro tutti su tutto, sì da persuadere, in breve, la massa su tutto quello che vuole” (Gorgia).
Così, prevale quella che il filosofo e politologo Juan Donoso Cortés definì la “clase de habladores”: la borghesia democratica, vanagloriosa nelle parole e impotente nelle decisioni.