Le razze esistono, eccome! Esistono razze mansuete e addomesticabili, razze inoffensive e indulgenti, razze espansive e razze riservate, tutte – bene o male – accettabili e sopportabili nel contesto sociale. Ma c’è una razza fastidiosa, affetta da cannibalismo moralistico, una razza che tutto sporca con la sua ossessione igienica che comprende ogni espressione umana dal linguaggio ai gusti privatissimi. Per dirla in termini nazionalpopolari: esiste la razza di quelli che si fanno i cazzi propri e che giudicano poco, e quel poco in base alle proprie competenze; poi esiste la razza di quelli che si fanno i cazzi degli altri e che proiettano le proprie voglie insoddisfatte trovando le magagne nei comportamenti e nelle scelte discutibili del prossimo.

Questa razza è piuttosto diffusa coinvolgendo diverse categorie, ma che sostanzialmente si aggregano attorno alla greppia della sedicente informazione.

I fenomeni esistenziali di questo ambito si confondono ampiamente con una continuità quasi porosa e infiltrante con il campo politico e la sfera giudiziaria: separatamente si supportano e insieme condividono l’obiettivo delle loro specifiche operazioni. L’ultima dimostrazione della tecnica fraudolenta, della miseria critica e dell’ottusità moralistica è il caso Sangiuliano/Boccia. Lo stile inquisitorio e infamante è lo stesso di quello usato contro Sgarbi, o Lollobrigida, o Signorelli o molti altri direzionati dal Report, Fanpage ed altri apparati dediti allo sputtanamento.

La tecnica è semplice: si prende un comportamento, una condizione o un gesto decisi come sconvenienti – una dichiarazione, una scopata, un saluto romano, un precedente familiare – e si scatena lo sputtanamento pubblico. Con i dovuti distingui eroici e aristocratici, gli animali feroci dell’informazione si scatenano nell’arena mediatica contro le vittime sacrificali mentre, da metaforici palchi, la plebe decide la posizione del pollice.

Non importa nulla del valore complessivo della persona – cultura, capacità espositiva, bibliografia, competenze specifiche ecc. – perché ogni qualità viene dissolta nell’eventuale errore compiuto.

Che sia l’atto criminale sanguinario o l’evento personale squalificante, che sia un’azione di valenza giudiziaria o una miserevole questione da voyeur, tutto viene distorto dalla volontà di inquinare, confondere e insudiciare, con la voluttà dell’immondizia.

Con la fine del buon gusto e della discrezione, anche la verità finisce male ma, come avverte Gómez Dávila, “Quando la verità muore, l’uomo anestetizza la propria angoscia col fetore della massa”.