Sarà il complesso dell’emarginato, sarà la predisposizione al sentimento di colpa, sarà una sensibilità da incriminazione indotta, saranno altri motivi più o meno inconsci, ma sta di fatto che certa destra ha la patologica predisposizione a sentirsi sempre sul banco degli imputati.
Aggirandomi per Torino pochi giorni fa ho annotato due scritte murali: La fredda determinazione dell’uomo convinto e In ogni caso nessun rimorso. Le ho segnate per poterle commentare in riferimento a questa certa destra di cui sopra.
Freddezza? Esclusa. Essa vive di sentimentalismo, di pateticità, di masochistica emotività. In balia della quotidianità e dell’apparenza, si affanna a gestire – purtroppo con scadenti risultati – gli attacchi di un sinistrume becero e di un liberalprogressismo accattone. Gioca a schivare le trappole giornalistiche e le pilotate inchieste di fastidiosi rappresentanti dell’informazione, e quando cade nei tranelli verbaioli assume il comportamento fantozziano del “mi si sono intrecciati i diti”.
Determinazione? Non pervenuta. Determinazione significa fermezza nel confermare i propri princìpi, volontà nel perseguire gli scopi dichiarati, risolutezza nel rivendicare le proprie radici, coerenza nell’espressione delle proprie credenze, coraggio nel sostenere i propri ideali. Niente di tutto ciò in chi considera il cambio di casacca e l’adeguamento contingente come pegni da pagare per la gestione del potere, a maggior ragione se personale e nepotistico.
Uomo convinto? Impossibile. L’uomo convinto nel senso di “Sì, il sì”, “No, il no”; il di più viene dal Maligno”, secondo Matteo, è introvabile tra coloro i quali hanno fatto del “forse” la regola del quotidiano trasformismo e dell’interessato compromesso. È questo, peraltro, uno dei paradigmi della democrazia che prevede, secondo le condivisibili osservazioni di Massimo Fini, le stesse prerogative delle aristocrazie, ma senza lo scotto da pagare con il sangue nel tradimento delle promesse avanzate.
E così, nell’istigato rimorso per colpe storiche dei padri – in vero tutte da dimostrare –, i nuovi tenutari della destra di potere tengono addirittura in considerazione i veleni di Ranucci, si inibiscono davanti al sorriso sardonico di Floris, commentano le pagelline del borioso Sommi, ribattono alle nullità concettuali di Giannini, puntualizzano le ironie del mellifluo Travaglio, si giustificano di fronte alle accuse del millantatore Scanzi e via via contorcendosi in un tribunale virtuale di una sinistra autoproclamatasi giudice di moralità.
“Portarsi dove si attacca e non là dove ci si difende”, ha consigliato il saggio filosofo; dimostrarsi di quel insolente spessore da rispondere a lor signori che “Noi siamo noi, e vi non siete un cazzo”, come disse il marchese del Grillo. Insomma, stabilire una volta per tutte che, per tutto il Novecento e fino ad oggi, noi abbiamo fatto la Storia e loro al massimo la cronaca.
Ma io ho parlato di spessore…E questo è senz’altro un problema.