È lo slogan impiegato da Macron per la sua campagna elettorale, e che Charles Melman utilizza come spunto per discutere dell’ideologia gender e dell’attualità confusiva.
Il nostro tempo è condizionato dallo smarrimento di ogni riferimento concettuale e normativo, dove il potere di alcuni apparati o minoranze o precetti burocratici definisce il “verbo” al quale conformare il pensiero e il comportamento, mentre “la realtà deve semplicemente piegarvisi” – sottolinea lo psicoanalista francese – “anche se lo contraddice. Se lo contraddice, è perché è lei, la realtà, ad essere falsa”.
“Allo stesso tempo” segna la fine del principio di discriminazione, del valore della distinzione, della rilevanza della preferenza.
Se il brutto viene cooptato dall’estetica, e la deformità messa in evidenza viene denunciata come azione penalizzante e punita dalla legge e dall’opinione pubblica, allora è logico che il cesso, il dito medio e la banana di Maurizio Cattelan possono essere comparati al discobolo di Mirone o all’Atena di Fidia. Se il bello non può essere comparato con il brutto, ogni valore estetico perde di senso e si confonde nell’informe.
Stesso meccanismo di indifferenziazione e di neutralizzazione interessa la questione gender. Se “non ci sono più opposti, non ci sono più un Sì e un No, e con ciò stesso nessuna dialettica, non c’è più nessuna identità sessuale: tutto è “allo stesso tempo”: maschio-femmina-misto-fluido-transitante-possibile…
La società della voglia – per dirla in termini psicoanalitici – ha soppiantato quella del desiderio, la società dell’improvvisazione quella del progetto, la società dell’appetito quella del gusto, la società del simile quella della differenza, la società del disordine quella della responsabilità.
Non c’è un settore umano, una sfumatura della realtà, che non siano sprofondati nell’indifferenziazione: senza il riconoscimento dell’Altro e la rincorsa forsennata all’indistinto, anche la politica ha perduto ogni valore di confronto, con la destra e la sinistra ridotti ad una melassa centrista nell’analisi dei problemi e nelle soluzioni degli stessi.
Ogni dibattito o è frustrazione aggressiva o è confuso brusio, decretando la fine della parola e la morte del pensiero critico.Dalla politica alla sessualità, quindi, prevale la negazione della realtà e, per concludere con Jacques Lacan, trionfa la “psicosi sociale”.