Ci sono delle condizioni mentali che non giustificano taluni patetici atteggiamenti di una sinistra disfatta, ma che servono soltanto a creare i quattro lati entro cui incorniciare una consolidata psicopatologia.
L’invidia. Un funzionamento patologico inquadrabile all’interno delle passioni tristi; una pulsione distruttiva che viene persino rivolta a se stessi pur di danneggiare l’invidiato. Sostanzialmente possiamo anche definirla come il sentimento del fallito, di colui che a causa di una debolezza dell’Io, supportato da una falsa presunzione di intelligenza, sopperisce alla percezione interiore di una sua nullità con l’operazione distruttiva nei confronti degli altri. Il tarlo psichico che corrode dall’interno queste personalità è il risentimento variamente distribuito: contro le proprie origini, contro il mondo che non le comprende, contro i tempi che non sono maturi, contro la gente che le esclude, contro i riusciti fortunati. Dalla bellezza alla cultura, dalla simpatia alla riuscita sociale, dalla prestanza fisica alla considerazione intellettuale: non c’è aspetto dell’umano che non finisca nel mirino diffamatorio dell’invidioso, per il quale vige il motto di Nietzsche liberamente tradotto per cui ci sono delle persone che devono buttare merda sugli altri per abbassarle ai propri livelli, visto lo stato di impotenza per una positiva competizione.
La superiorità. Tradotta in termini psicoanalitici come ipertrofia dell’Io, oppure come prevaricazione dell’Io ideale, questo sentimento permea ogni espressione corporea e verbale di questo campionario psicopatologico. Se sono riusciti in diversi modi nella vita, allora quando parlano pontificano, in un contraddittorio passano dalla squalifica alla derisione dell’interlocutore, in un commento politico distribuiscono giudizi e condanne. Se socialmente sono dei falliti, allora compensano la loro insufficienza con miserabili forme di aggressività, con infamità gratuite, con surrogati di modesta istruzione e di sospetta demagogia.
La megalomania. I portatori di questo disturbo sono agevolmente cooptati dal sistema in quanto facili prede della seduzione del potere e, contemporaneamente, fedeli cani da guardia del medesimo. Sono quelli che, nella propria sopravvalutazione – peraltro sostenuta e sollecitata dai padroni interessati – si credono storici, drammaturghi, giornalisti, educatori, editorialisti –, finiscono per essere i protagonisti utili e servili dei vari programmi della pubblica disinformazione. Anche in questo caso, quando la mania di grandezza non viene supportata da un certo livello di considerazione, finiscono a fare gli scribacchini di inutili stampati, o volontari opinionisti in qualche benefico dopolavoro, o capponi propagandisti di qualche gruppo sociopolitico dentro cui pavoni non diventeranno mai.
L’ossessività. È caratteristica dell’individuo che presenta pensieri intrusivi portatori di ansia e di senso di inadeguatezza. Tra quattro possibili suddivisioni, quella socialmente accettabile nella contemporaneità è caratterizzata da tematiche politiche come, ad esempio il fascismo. Variamente collegata con disturbi percettivi, interpretativi, persecutori, ci sono due esperimenti mal riusciti della natura matrigna che sono i rappresentanti controfobici del campionario antifascista. Questi riescono a manifestare persino quello che tecnicamente si chiama “pensiero magico”, con visioni e interpretazioni che sarebbero, nella loro persistenza e nella loro pervasività, soltanto sintomi innocui di un disturbo fastidioso, se non fossero istigatori di odio e negatori della realtà.
La malattia psichica infiltra la politica, e i disturbi dilagano con metastatica velocità. Una precisazione deve essere chiara: nessuno è innocente – secondo la condivisa intuizione di un mio riferimento politico –, perché queste manifestazioni hanno la caratteristica democratica di infiltrare destra, sinistra e centro, in eguale disfacimento e in proporzionale corruzione.