Il – da me – pluricitato Ruiz Portella scrive che “Se l’uomo moderno sguazza tra il brutto e il vano [è] perché nulla può sentire, perché la bellezza può solamente sfiorare l’epidermide di chi è diventato sordo e cieco dinanzi a ciò che esprime la bellezza”. Sordo e cieco, dice il direttore de “El Manifiesto”, che sostiene il pensiero critico “contro la morte dello spirito e della terra”.

“Finché c’è merda c’è speranza” potrebbe essere l’inno dei progressisti, il motto dei riformatori globalisti, la parola d’ordine degli intellettuali a libro paga che si fingono ricchi di cultura per darla da bere alla plebe, l’aforisma dei “signorini di merda” – sempre disturbando il grande Ruiz – i quali “mascherandosi da poveri possono far credere di far parte del popolo”.

GLI SCHIAVI FELICI DELLA LIBERTA’

Dalle interviste a bambinetti imbecilli alle lezioni cattedratiche di disturbate mentali, dalle elucubrazioni di semianalfabeti eterodiretti alle opinioni grottesche di stravaganti portavoce di nullità, ogni cosa mostrata ed espressa risulta priva di spessore culturale e di rigore concettuale: tutto è una melassa indistinta di luoghi comuni, di pareri premasticati e di notifiche di sudditanza al non-pensiero unico della massa addomesticata.

Ovviamente questo clima non nasce spontaneamente, perché ci sono i tenutari dell’informazione, sia essa della carta stampata o della comunicazione audiovisiva, che dirigono la sceneggiata democratica nei suoi singoli e particolari aspetti. Niente deve sfuggire al controllo sistematico delle direttive ideologiche. E allora, si assiste alla spregevole uscita di Gad Lerner che per gli ottant’anni di Sofri osa dire “vissuti dalla parte giusta”, ai negazionisti e ai riduzionisti della tragedia delle foibe, ai mefitici sostenitori della doppia morale per i quali la giustizia vera è quella che dà loro ragione, e in mancanza di questa vale in alternativa quella storica decisa dai medesimi lestofanti.

L’obiettivo è confondere, dissacrare, mistificare, ingannare, manipolare e corrompere. Ecco, credo che corrompere sia il verbo migliore per precisare questo tipo di mentalità: infettare tutto ciò che non è compatibile con la lugubre disfatta di questa contemporaneità.

Un esempio per tutti: semplice, comprensibile e persino per certi versi scontato. Simone Cristicchi recita il Padre Nostro in cattedrale, dopo la canzone dedicata alla madre al Festival di Sanremo. Ed ecco che Annalisa Cuzzocrea, collettore di quella fogna dell’informazione che risponde al nome di “La Repubblica”, titola un articolo vergognoso: “Marketing o sincerità?”. Già, perché i ruffiani del politicamente corretto, i papponi della verità un tanto al chilo, i protettori del conveniente sentire, i lenoni dell’opportunismo democratico non possono accettare i dissidenti. Si fingono colti e liberi questi pulcini mannari delle redazioni del sistema. Loro devono sporcare, infamare e denigrare, e sempre attivi – per usare una metafora nietzschiana – a tirare merda sugli altri per abbassarli al loro livello. Ma c’è un limite che loro non potranno mai superare, quello che li costringe alla posizione di servitù, perché – come riassume efficacemente il pluricitato Ruiz – “I media possono dispiegare tutta la forza del loro potere: non otterranno nulla se ciò che dicono non è in alcun modo in sintonia con l’aria del tempo, se si oppone a sentire il generale”. Estetica ed etica vanno in felice compagnia, e chi persegue il brutto e l’infamia non può che razzolare nel girone dei falliti.