Scrisse Ottiero Ottieri, scrittore e sociologo nonché importante intellettuale del ‘900: “i neurocomunisti [sono]personaggi pieni di guai che attribuiscono agli altri, da profeti disarmati e un po’ iettatori”. Questo personaggio non poteva che chiudere il vecchio saggio del 1996 del professor Raffaele Vizioli, neurologo dell’Università “La Sapienza” e psichiatra, dal titolo esemplificativo e assiomatico, “Psicopatologia del comunismo”.

Sono passati quasi trent’anni dal lavoro di Vizioli, ma la valutazione clinica rimane valida, pur con i dovuti aggiornamenti, e questa condizione psicopatologica si è rivelata appieno – anche se non c’era alcun bisogno di conferme – nelle modalità di giudizio sulla vittoria di Trump.

Dall’inutile fallito, che da sperduti paesini italici scrive sui social “Trump non è il mio presidente” – una esternazione straripante di ridicolo e grottesca per qualsiasi personalità strutturata, quindi non per la sua miseria psichica – all’opinionista gallonato, che si contorce dal basso della sua incompetenza in valutazioni fantasiose e bizzarre, tanto per usare un eufemismo.

C’è il fighetto con il risvoltino, sedicente attore, drammaturgo e intellettuale di vaglia, che liquida l’elettorato di destra come accozzaglia di mononeuronali, disagiati mentali, ignoranti; poi si autopromuove da fare invidia a Vanna Marchi; sfuggito alla diagnosi di narcisismo arriva a decidere chi può ascoltare certa musica e a distribuire pagelline.

Poi c’è il rappresentante del “Super-Io rosso [che] non ammette nessuna forma di critica. [È quello] dallo stile paranoide” che vede la realtà sospetta e minacciosa, che applica una “distorsione e interpretazione autistica della realtà esterna”, che decifra pensieri, intenzioni e sentimenti altrui a sua conferma patologica. Poi, a conferma degli studi del grande studioso della psicosi, Silvano Arieti, come ogni buon squilibrato costruisce quella che il clinico definisce testualmente “comunità paranoide”, tant’è che presenta i suoi libri con il supporto logistico della CGIL, dell’Anpi, dell’ARCI, del gruppo Gedi, evitando accuratamente un contraddittorio che verrebbe vissuto come rischioso per la sua integralità psichica – preoccupazione inutile: paranoici, psicopatici e narcisisti sono non solo incurabili, ma irrimediabilmente intrattabili.

Una categoria disturbata e disturbante a parte è quella che raduna i radical-chic, come per fare un esempio unico ed esaustivo, quella vecchia babbiona, rifatta inutilmente, che intervistata ieri ha detto con estremo candore: Dobbiamo prendere atto che la vittoria di Trump è stata determinata dall’affluenza al voto dei bifolchi. Proprio così: bifolchi.

Niente da fare, non ce la fanno. A causa della loro misera morale e insicurezza personologica sono costretti a buttare merda sugli altri per abbassarli proprio livello. Compensano la loro pochezza culturale e precarietà intellettuale con l’astio, la diffamazione, l’infamità.

Non essendo progettuali né tanto meno riusciti, controbilanciano i loro fallimenti con la distruzione delle grandezze acquisite – dall’educazione allo stile di vita, dai monumenti alla letteratura alla bellezza all’arte al linguaggio. I cannibali della sinistra si sono mangiati pure il povero Trotsky.