L’immaginario comune ha del pedofilo l’idea del mostro antropomorfo delle fiabe nordiche antiche e di quelle europee più recenti, o comunque dell’individuo oscuro e repellente. Niente di più sbagliato.
Il pedofilo è spesso un individuo socialmente ammirato e apprezzato dalla società – i personaggi della politica americana lo dimostrano – ed è proprio grazie a questa sua aura di rispettabilità, del buon nome di cui gode che riesce a superare la diffidenza di un bambino e manipolarlo fino a renderlo passivo di fronte alle sue attenzioni.
Il pedofilo, con le stesse attitudini e abilità dello psicopatico, riesce a captare la disponibilità del minore ad accettare le sue seduzioni, ad aprirsi nelle sue fantasie. Scrivono Vincenzo Mastronardi, Psichiatra e Criminologo clinico, e Bonura Aurelia Monia, Psicologa e Criminologa, che “[il bambino è condotto a] realizzare le fantasie di magica sostituzione del genitore, bruciando le tappe dello sviluppo [e in questo modo] falsificandole e degradandole, le fantasie del bambino, e ne impedisce il necessario confronto e l’indispensabile negoziazione con il mondo esterno”.

La sessualità è sempre stata considerata un campo di sperimentazione spontanea, di curiosità, di lenta e progressiva conoscenza del proprio corpo, magari nel confronto con i propri coetanei. Essa non può essere ridotta all’informazione meccanica del funzionamento degli organi genitali, del loro uso e delle modalità per evitare gravidanze indesiderate. Questo rimane un approccio pericolosamente asettico e privo di tutte le altre componenti che si aggiungono in questo terreno umano, sia personale che relazionale. Come falso e patetico è l’insegnamento all’affettività con tanto di voto in condotta.
Nel momento in cui l’esilarante sindaco di Genova ratifica un progetto dedicato a bambini dai tre ai sei anni giustificandolo come “Da qui può partire un movimento culturale che scardina il populismo becero che ha invaso il Paese”, l’operazione di indottrinamento politico non lascia spazio dubbi.
Si tratta di una vera e propria strategia di manipolazione degli elementi più fragili e più malleabili, per creare il terreno migliore sul quale poi seminare i vari spunti malati dell’ideologia perversa.
Chi ha avuto modo di studiare un trattato di psicopatologia, quale è la tesi di laurea di Mario Mieli – “Elementi di critica omosessuale” – non si meraviglierà certo della pressante pubblicità e del sostegno politico a riguardo dell’ideologia gender. Quando scrive che “Il bambino è indotto dalla società e dalla famiglia a prendere a modello della propria vita il padre [mentre] una delle più grandi calamità che abbiano colpito la specie è il rifiuto da parte dell’uomo, di riconoscere in sé la ‘donna’, la transessualità”, lancia un segnale chiaro contro tre obiettivi: la paternità, la famiglia e la norma. Tre dispositivi, peraltro, che una parte cospicua della psicoanalisi – tranne quella che si è, per motivi vari, allineata e coperta alla deriva progressista – ritiene fondamentali per la persona e la comunità di appartenenza.
Sia nel saggio citato, come anche nell’altro volume che accorpa interviste, interventi pubblici, articoli vari – “La gaia critica” – c’è un evidente proposta rivoluzionaria di intervento sociale a tutto campo per decostruire quella realtà che lui stesso definisce come relativa e condizionata.

La fede, per Mieli, è “il risultato nevrotico di un amore per i genitori censurato dal tabù dell’incesto”, ed è per questo motivo che va rivista la struttura familiare e la sua stessa esistenza.
L’Italia arriva con il consueto ritardo rispetto agli eventi che hanno interessato gli Stati Uniti, come la contestazione radicale delle organizzazioni genitoriali contro l’indottrinamento scolastico voluto dai democratici, pretendendo che l’educazione scolastica e morale dei figli rimanga il principio di massima importanza da lasciare alla famiglia.
Mettiamo a confronto ciò che accade in un paese europeo e le parole dello stesso Mieli. In Scozia alcuni educatori pretendono di prendersi l’autorità di discutere di sessualità e di genere anche con i bambini più piccoli, senza dare alcune spiegazioni, né notizia, ai genitori. In quel paese si è arrivati ad una condizione estrema: “a partire dai quattro anni, i bambini possono cambiare nome e sesso a scuola senza il consenso dei genitori e con l’approvazione dell’istituzione scolastica” (F. Furedi).
Era già tutto previsto – cantava Cocciante –, e in questo campo tutto aveva preannunciato lo stesso Mieli, il quale cita il pensiero di un altro operatore della psiche deviata – André Morali-Daninos: “Se l’omosessualità ha anche solo in teoria una parvenza di approvazione, se le si permettesse di uscire anche solo parzialmente dal quadro della patologia, si arriverebbe presto all’abolizione della coppia eterosessuale e della famiglia, che sono le basi della società occidentali in cui viviamo”.
Queste continue pressioni per far passare come educative, affettive, inclusive e sostanzialmente positive le iniziative da porre in essere nei confronti dei bambini per una “sessualità consapevole”, per “un’affettività sana” e contro una “mascolinità tossica” è una trappola mortale dentro la quale si vuole far cadere genitori e politici per decostruire definitivamente la società contemporanea da tutti i principi etici e le regole di realtà che ancora la tengono insieme, e fluidificare tutto in una melma indifferenziata di ruoli, di sessi e di identità.
Quando Mieli annuncia che “La rivoluzione sarà anche la liberazione positiva del sadismo e del masochismo e la comunità libera in cui i desideri masochistici e sadici si esprimeranno apertamente [perché verrà cancellato] anche il pregiudizio in base al quale il sadismo e il masochismo sarebbero solamente perversioni”, è bene ricordare le parole del più volte citato psicoanalista, purtroppo scomparso – Charles Melman – che “Quando la perversione diventa norma” l’umano scompare e rimane solo una amorfa esistenza.
A riguardo della pedofilia, ha scritto Massimo Picozzi, “Non chiamiamolo amore”, e neanche quello che spaccia la politica, nell’intervento equivoco e losco sulle menti più penetrabili e cedevoli.
Che dire. “Chiunque avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono, meglio sarebbe per lui che gli fosse messa al collo una macina da mulino e fosse gettato in mare” (Marco 9,42). Dal mare siamo quasi circondati, macine sufficienti ne abbiamo?