Tutti i commenti riguardo a quello che sta succedendo a Gaza, a parte la scontata evidenza sanguinaria, dimostrano un’assenza dell’intelligenza politica e un fallimento dell’analisi psicologica e simbolica che sta alla base di ogni evento bellico.
Scrive Julius Evola che “Un fattore religioso è necessario come sfondo per una vera concezione eroica della vita […]. Bisogna sentire in sé stessi l’evidenza, che di là da questa vita terrestre vi è una più alta vita, perché solo così si sente e si possiede una forza infrangibile ed intravolgibile, […] solo costui sarà capace di uno slancio assoluto. […]. Questa spiritualità non può nutrire che diffidenza rispetto a tutto ciò che è umanitarismo, eguaglianza, principio dell’amore e del perdono anziché dell’onore e della giustizia […]”.
Prendiamo queste sue parole e sovrapponiamole al comportamento del governo israeliano, del suo rappresentante Netanyahu e dell’esercito della Stella di David, e solo così possiamo comprendere perché il sionismo vince e perché la compagine dei Gentili è destinata a perdere. Partiamo dall’esecrabile pubblicazione dei famigerati “Protocolli”, che secondo un procedimento induttivo dettato da René Guénon “il problema della loro ‘autenticità’ è secondario e da sostituirsi con quello, ben più serio ed essenziale, della loro ‘veridicità’”.
C’è qualcuno che abbia qualcosa da ridire quando si legge che gli uomini e le masse sono guidate solo da passioni futili? Che il piagnisteo sulla libertà, sull’uguaglianza e sulla fraternità è stato il motore delle rivoluzioni moderne? Che la guerra sarebbe stata portata sul piano economico e che i diritti internazionali avrebbero spazzato via i diritti nazionali? Che tra i goyim sarà distrutta la famiglia e il suo valore educativo? Che la stampa sarà manipolata con scopi e metodi nascosti ai semplici lettori? Che il proletariato sarà distratto con divertimenti, arte, sport e passatempi vari pur di non rivendicare i propri diritti? Pochi e sintetici appunti su quella che è una strategia politica, culturale, sociale economica e militare di lunga durata e di grande efficacia.
Certi documenti devono essere innanzitutto letti e studiati, poi approfonditi e soprattutto giudicati senza sentimentalismo e soddisfatta superficialità.
Il sionismo vince perché “Per grazia di Dio il suo Popolo prediletto fu sparpagliato, ma questa dispersione, che sembrò al mondo la nostra debolezza, dimostrò di essere la nostra forza, che ora ci ha condotto alla soglia della Sovranità Universale”.
Il sionismo vince perché “La grandezza della nostra potenza stabilirà che siano inflitte punizioni adeguate ad essa. […]. Quindi, noi dobbiamo essere la forza assoggettatrice, pel bene della causa comune. Dobbiamo sacrificare senza esitazione quegli individui che possono violare la legge esistente […]”.
Prendendo atto di queste indicazioni, si ritorna a una domanda retorica da unire alle altre già poste: qualcuno non crederà mica che la devastazione di Gaza e l’attacco alla Cisgiordania abbiano motivazioni solo di tipo economico-militare o strategico-difensivo?
Il sionismo vince perché ha un mito di riferimento nel quale identificarsi; vince perché ha un senso del divino verso cui proiettarsi; vince perché ha una mentalità di conquista alla quale riferirsi; vince perché ha una razza dentro cui identificarsi; vince perché ha una simbologia del sangue alla quale collegarsi; vince perché ha un Dio che lo guida e al quale rendere conto.
Dall’altra parte, da quelli che piagnucolano sulle macerie di Gaza, che si contorcono in elucubrazioni geopolitiche, che si dilettano nella retorica dei disappunti e delle riprovazioni, che godono nell’indignarsi e nel prendere le distanze, che straparlano sull’eroismo visionario di quattro scappati di casa in crociera di fine estate, che sostengono quei mentecatti manipolati sbandieratori di bandiere altrui, che invitano a forzare blocchi navali dalle comode poltrone domestiche o parlamentari, cosa arrivano se non ignoranti belati o ridicoli miagolii o truculenti abbai, quando non miserevoli provocazioni?
Netanyahu il macellaio, il mostro, il demonio e via via con altre definizioni da parte dei frequentatori di quelli che un caro amico e grande giornalista ha definito “pollai mediatici gestiti da tacchini” – altrimenti detti talk-show – parla imperterrito di fronte a un’assemblea pressoché vuota delle Nazioni Unite, e lo deridono. Non riescono a comprendere con le loro mentine assopite nel buonismo pantofolaio e nell’indignazione democratica, tanto parolaia quanto squallidamente retorica, che il leader israeliano di tutto ciò che accade contro di lui e contro ogni umanità se ne frega. Lui è in missione per il suo popolo e per quel Dio che lo ha stabilito per legge come Eletto, e per e con Lui parla.
Come disse Beatrice al Canto V del Paradiso “uomini siate, e non pecore matte, sì che ‘l Giudeo di voi tra voi non rida!”, e nell’attualità non solo non ride, ma sghignazza e manipola l’opinione pubblica occidentale, distraendola con striscioni, cortei, escursioni balneari e distrazioni varie. È così che il sionismo se ne fotte delle risoluzioni, come lo ha sempre fatto da decenni, esattamente come il leone se ne sbatte della mitezza e del buon cuore del vegano.