Questa locuzione che i latini anticipavano con il soggetto del medico, nell’esegesi della traduzione ebraica della Bibbia era il consiglio di osservare i propri difetti prima di criticare quelli degli altri. Insomma, la pagliuzza nell’occhio dell’altro e la trave ignota nel proprio secondo la metafora di San Luca.

Un suggerimento valido anche per Massimo Recalcati, che pur non essendo medico cura disturbi con ampio interessamento organico. Ma questa è altra cosa.

Quello che mi interessa è inquadrare l’ineffabile psicoanalista lacaniano – anzi, il portavoce di Lacan secondo la sua sempre modesta e sobria considerazione di sé – con le stesse armi che lui usa per elevarsi a psico-giudice dello psico-pensiero che metodicamente persegue lo psico-reato.

Il Massimo – nomen omen – non avrebbe potuto distendere sul suo lettino né Berlusconi né Salvini, perché troppo corazzati nel proprio Io. Perfetto. Ma neppure lui potrebbe accomodarsi sul mio – come da esplicita vignetta – vista la corteccia narcisistica che limita la sua maestosa interiorità con il miserabile mondo reale.

Quali ferite continuano a sanguinare nel Nostro per essere così arrogante nelle sue esternazioni politiche? Quali voci disperate del bambino emarginato continuano a riecheggiare nella sua mente psicoanalizzata?

Forse la povertà che ha dovuto patire? Quella povertà che adesso lo porta ad accettare il ruolo di propagandista delle opinioni de la Repubblica, o di pedagogo di Renzi e della Boldrini, o di portavoce della gauche caviar dei salotti snob?

E quel suo continuo attacco alla figura del leader, al concetto di sovranità, al suo sospetto di privilegio nella difesa della Nazione ha forse a che fare con il senso di inferiorità per un padre fioraio e assente ed una madre che parlava solo dialetto? E la critica a Berlusconi sarà mica la riedizione di Totem e tabù, quella invidia censurata di uccidere il padre per appropriarsi delle sue donne?

Per non parlare poi della sua modalità espressiva e dell’aria di sufficienza intellettualistica: sarà mica una sublimazione delle sue bocciature scolastiche e della riferita difficoltà di apprendimento? Cose forse poco elaborate. Va a sapere.

Mi pare che sia stato Karl Kraus a dire che la psicoanalisi è la malattia che cura se stessa. Allora si comprende Massimo Recalcati. Ma psicoanalisi è anche altro – per fortuna – non sentimento di onnipotenza paranoica nell’identificare nemici da analizzare e realtà da decifrare secondo propri parametri di totalitarismo interpretativo.

Queste sue infelici esternazioni, concluse con la diagnosi di sovranismo per catalogare una nuova malattia mentale, sono un insulto alla sua certificata intelligenza, e quindi prevale il sospetto di una studiata accondiscendenza verso il potere per poter usufruire di benefici economici e di notorietà. Tornaconti monetari e successo popolare ben difficili da procurarsi se non adeguandosi agli indicatori dei gestori del liberalcapitalismo e dell’ipnosi della doxa.

Io, comunque, non sentendo la vocazione dello psico-forcaiolo continuerò a leggere, ad ascoltare e a studiare Recalcati, fine dicitore ed eccellente esegeta lacaniano, riconoscendo all’interlocutore quelle qualità che lui, purtroppo, è limitato nel riconoscerle agli altri.