Da Almaghrebiya

Quando sento dire, da rispettabilissimi governatori regionali, sindaci e politici vari, che la gente si sta comportando bene mi vengono i brividi, perché sento che dietro a questa autorevole e benevola riconoscenza c’è una sottile – anche se ammetto non in tutti – soddisfazione per una diffusa e omologante obbedienza.

Chi crede – come Massimo Recalcati e quel fenomeno circense che risponde al nome di Matteo Renzi – nella possibilità di una “potenza affermativa” di resurrezione rispetto alla negatività tragica della condizione contingente, lo ritengo un povero illuso.

Profetizzare un futuro radioso come dopo un disastro naturale o una catastrofe bellica è una pia illusione, soprattutto per il fatto che questo fenomeno virale ha delle peculiarità sue proprie. Innanzitutto, è inafferrabile, aleatorio, tecnicamente incontenibile. Poi perché è umanamente trasmissibile, quindi non circoscritto ad un contesto identificabile. Infine, per il fatto che non è esauribile con definizione cronologica.

Questo per quanto riguarda il virus, anche se per me, con un impatto ancora più subdolo e pervasivo sulla psiche e sui comportamenti umani, molto più dannosa è stata ed è la gestione di questa epidemia.

A parte i ritardi già di per sé criminali, il sistema ha volutamente – e questo, lo ammetto, è un mio personale sospetto – inoculato il germe della paura. E la paura, si sa, è l’arma più sofisticata e vincente del potere sul popolo.

Invece di prendere – per imbecillità, superficialità, incompetenza, negligenza – immediati provvedimenti anche drastici ma definiti, si è barcamenato in continue dilazioni, in provvedimenti contraddittori e subentranti, in iniziative estemporanee e istintive, alimentando le ansie e le incertezze.

E a questo punto subentra la mia innata inclinazione cattiveriosa. A chi giova incentivare la paura? Ma al sistema, naturalmente! Strane coincidenze convergono nel firmamento spento della politica.

In piena clausura uno degli atteggiamenti utili al sistema è stato l’emergere dell’istinto delatorio. Reclusi sul balcone che denunciavano la presenza di qualche camminatore, appostati nei giardini che segnalavano grigliatori condominiali, guardoni telescopici che avvistavano aspiranti dell’abbronzatura.

Poi, una diffusa diffidenza nei confronti del vicino, con cupa conformità della distanza di sicurezza, smorfie di disapprovazione per la mala applicazione della mascherina o l’assenza di guanti, esasperato adeguamento alle più ridicole normative ministeriali.

Il tutto, naturalmente, per un ipocrita bene comune. E per la stessa manfrina della salute c’è un Burioni che ventila l’ipotesi di una sperimentazione del vaccino su volontari, altri che prevedono poi l’obbligatorietà del vaccino stesso, altri ancora – come Gianni Riotta su Twitter – che ambisce ad un Certificato di Immunità Personale per poter lavorare e viaggiare.

E tutti a obbedire, volenti o nolenti, per paura o per necessità.

Il sistema ha rinunciato alla politica per affidarsi all’economia e alla scienza, ed è proprio quest’ultima a fare il doppio gioco di alimentare le paure e di offrire i rimedi per superarle.

Qui tutti ad affidarsi all’ottimismo del ‘Ce la faremo’, alle profezie di salvataggio di Noè, alla speranza del cielo azzurro dopo il temporale ed altre amene idiozie.

Il problema che il sistema, complice o meno di questa condizione sanitaria, sta condizionando con fervore totalitario un intero popolo attraverso la paura.

Detto ciò, personalmente, a certe letture consolatorie preferisco “Il trattato di Ribelle”: è lì che Jünger da lezioni e indicazioni.

Solo alcune istruzioni testuali. La prima: <<La tirannide diventa possibile soltanto se la libertà è stata addomesticata e ormai ridotta a vuoto concetto>>, e ci stiamo rapidamente arrivando. La seconda: <<Chiunque sia minacciato si abitui a pensare che la resistenza è comunque possibile>>, e è quello che stiamo facendo. La terza: <<Un piccolo manipolo di uomini decisi a tutto costituisce una minaccia non più semplicemente morale, ma reale>>, e siamo già in numero sufficiente. La quarta: <<La neutralità equivale al suicidio. Devi scegliere: o seguire il branco o combatterlo>>, e noi la scelta l’abbiamo fatta tempo fa. La quinta: <<Bisogna essere liberi per volerlo diventare>>, e noi lo siamo sempre stati. L’ultima: <<La condizione dell’animale domestico si porta dietro quello della bestia da macello>>, e noi non siamo domabili, né ora né mai.

L’obbedienza decidiamo noi a chi offrirla, ma non ci può essere estorta con la paura della scienza, con il ricatto dell’economia, con la minaccia governativa.