Dato che sono portato alla difesa delle cause perse, come titola Slavoj Žižek un suo saggio, voglio spendere quattro parole di solidarietà a Beppe Grillo, in questo momento di massima vergogna e disonore per il movimento da lui creato.
Quattro parole per la difesa estrema della sua buonafede, ritenendolo vittima della sua impreparazione e della sua ingenuità politica.
Tutto nasce da una lunga intervista rilasciata dallo stesso Grillo a Mentana il 22 marzo 2014 dalla quale si delinea il profilo psicologico di una persona assolutamente sincera, lealmente entusiasta e pericolosamente ottimista; una fatale fiducia negli uomini e, contemporaneamente, una completa inconsapevolezza di essere una pedina di un gioco più grande di lui.
Rimane un giudizio capitale sulla fine del suo movimento, ma per lui una condanna per colpa con tutte le attenuanti generiche e specifiche, non certo per dolo. Una colpa per non essere preparato alla cultura politica, quella seria della dottrina e della filosofia, non certo degli intrallazzi politicanti o della retorica tribunizia.
La prima è di non aver compreso che il capitale e la tecnica sono da decenni i due erosori della concezione politica dello Stato. Quando lui, euforicamente festeggia dicendo che “Sono già estinti i partiti!”, non sa che altri stanno celebrando questa dipartita, come ad esempio Milton Friedman quando candidamente afferma: “Il merito del mercato è quello di ridurre enormemente il numero delle questioni che devono essere decise per via politica”. Bastava che avesse studiato Carl Schmitt e la neutralizzazione del Politico, per capire che qualcosa non andava nel suo esiziale fervore. E questa micidiale miscela è esplosa proprio in questo periodo di emergenza virale, con le conseguenze economiche e le disposizioni tecniche attuate.
La seconda è di aver confidato proprio “nell’uomo della strada” da attivare in ambito politico, e non facendo i conti con quella democrazia che personalmente ritengo un’infezione dello spirito. La dimostrazione è di una semplicità disarmante, e voglio esprimerla nel modo più rozzo possibile: prendi un fallito socialmente o morto di fame, lo attivi nella sua fatuità narcisista, lo ipnotizzi per sovvertire il potere, gli fai assaporare gli agi, i privilegi e le glorie di quel potere, poi lo svegli e vedi se è disposto a cambiarlo. I 5S dimostrano che l’operazione è riuscita.
La fine della prima repubblica con l’operazione equivoca di “Mani pulite” ha dimostrato che esiste una disonestà intelligente con il senso dello Stato e l’attuale disonestà ottusa con l’interesse personale.
Quando Grillo, giustamente, attaccava la pirateria dei mercati, lo strozzinaggio della finanza, la protervia dei poteri forti, ha peccato di ingenuità pensando di opporsi a questo sistema corrotto e affamatore liquidando la politica. È quello che volevano, ed è esattamente il contrario che si doveva fare. Tre nomi in fila per capire esattamente cosa intendo: Enrico Mattei, Aldo Moro, Bettino Craxi. Tre pilastri della storia italiana che con diverse funzioni hanno fatto delle operazioni politiche che sono costate loro la morte e l’esilio.
Grillo ha creduto che dei dilettanti potessero essere più genuini e sinceri dei politici antichi, perciò meno attaccabili. Aveva ragione, questi suoi rappresentanti fallimentari non sono attaccati, sono stati semplicemente comprati.
Per concludere con una precisazione culturale, Grillo è vittima complice di quella eterogenesi dei fini per la quale le sue azioni iniziali sono arrivate a delle conclusioni esattamente opposte.
Colpa, quindi non dolo, che però lo dovrebbe portare a tacere per sempre come residuo di dignità e liquidare quella sua creatura abnorme e ignobile che è il Movimento 5S.