Fermo restando che Caporetto è stata ben altro rispetto alla deprecata disfatta dipinta nell’epica guerriera, prendiamo per buono questo simbolo di tracollo per inserirlo nella questione riguardante il buon senso nell’attualità del Coronavirus.

Ad un certo momento della nostra normalità quotidiana salta fuori una notizia: c’è in giro un agente di malattia che mette a rischio la vita delle persone.

L’informazione rimbalza da persona a persona, da istituzione a istituzione, creando una confusione non solo linguistica sulle dimensioni del fenomeno – influenza?, epidemia?, pandemia? – ma anche clinica sugli effetti – banali?, pericolosi?, mortali?, e sulle precauzioni da prendere – abbracciamo tutti!, evitiamo i contatti!, chiudiamoci a casa! Per non parlare, poi, delle ipotesi complottistiche: virus costruito in Cina per abbattere l’Occidente; scoperto dagli americani per colpire il creditore cinese; studiato da entrambi per attaccare l’economia europea; un finto terrore procurato da forze oscure per nascondere altri inganni più letali.

Insomma, un magma concettuale e informativo che invece di diradare ipotesi balzane e dubbi apocalittici non ha fatto altro che alimentare panici contrastanti, comportamenti contraddittori e ambigue posizioni.

È lo stesso meccanismo che si era scatenato per la questione dei vaccini: inutili aggressioni dei bambini; massima utilità immunitaria; dannose complicazioni iatrogene nell’organismo; perfida operazione commerciale delle case farmaceutiche.

Prova tu, incosciente e impreparato cittadino, a saltar fuori da una simile babele in cui tutti alzano i toni della propria verità per esprimere, con assoluta certezza, pareri e consigli basati sulla totale assenza di abilità tecniche.

La Caporetto, per quanto di mia competenza, riguarda quella particolare caratteristica dell’uomo normale, un tempo sviluppata soprattutto nelle più avanzate età anagrafiche, e comunque presente nella ragionevolezza dell’età adulta, ora praticamente scomparsa per l’intervento massivo della supponenza democratica: il buon senso.

<<Capacità naturale, istintiva, di giudicare rettamente, soprattutto in vista delle necessità pratiche>>, recita la Treccani, associata, dico io, dal riconoscersi incapaci di poter giudicare tutto e tutto conoscere, e quindi di affidarsi ai consigli dei vecchi per esperienza e dei tecnici per conoscenza della materia.

Quel buon senso della buona politica, dei nonni in famiglia, delle zie zitelle, dei padri e delle madri dall’istinto genitoriale.

Oggi, l’impatto virale ha dimostrato che questo è andato perduto. La scienza è contrastante, la politica è disorientata – e questo è un eufemismo –, le istituzioni vacillano, il senso comunitario evaporato, la dignità personale e collettiva disgregata.

Restano gli egoismi e gli individualismi, vergognosamente coperti dalla patina untuosa della demagogia.