In Electomagazine.it – 8 settembre 2022
L’intervento di Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, è tutto un piagnisteo sui rischi personali dei giornalisti e sulla limitazione professionale degli stessi.
In un afflato retorico, durante la settima lezione del corso di Alta formazione di Padova, sono state identificati concetti come “informazione sotto attacco”, “accerchiamento e desertificazione”, “bavagli istituzionali”. Non poteva mancare l’ennesima evidenza di un Paese che “ha il più alto numero di cronisti sotto scorta, 30”, tanto per sottolineare la drammaticità di una informazione che sarebbe in un sempre maggior pericolo di essere silenziata, anche dalla vita.
In un’altra comunicazione, la Federazione sostiene la manifestazione di Venezia contro l’attacco delle Procure che pretendono: il “diritto all’oblio” sulla memoria storica, la “presunzione di innocenza”, il carcere per i giornalisti “in caso di diffamazione”, la “piaga delle querele bavaglio” magari con “milionarie richieste di risarcimento”.
Riassunto commentato delle litanie lagnose della categoria comunicatoria.
- L’esondazione delle scorte non sarà per la manica larga del Ministero degli Interni? Escludendo i reali pericoli legati alle inchieste sulla criminalità organizzata, non mi direte che un Paolo Berizzi – l’unico giornalista europeo fornito di scorta armata: lo enfatizza lui a piè sospinto in ogni occasione – necessiti di tale protezione per gli insulti e le minacce via social? Mai un’azione concreta, solo agitazioni da felini da tastiera. E poi, sarebbero inchieste, l’assemblaggio di gossip, le interpretazioni fantasiose, le estrapolazioni faziose, i commenti noiosi e incompetenti che riempiono i suoi libri e rumoreggiano nei suoi incontri?
- Una persona condannata, dopo cinque anni, non ha diritto ad essere lasciata in pace o deve essere costantemente sotto attacco dal primo giornalista che intende usufruire di un precedente per mantenere sempre una gogna a disposizione?
- Se una persona, dopo aver subito la violenza verbale e scritta da parte dei tenutari dell’informazione per gli anni delle vicende processuali, perché non deve essere risarcita dai dispensatori del fango mediatico? La presunzione di innocenza è forse un limite allo sputtanamento gratuito?
- Scanzi, in un dibattito con Sgarbi, ha parlato di una sua querela nei confronti dell’esagitato Vittorio, dicendo testualmente che con quei soldi avrebbe cambiato l’automobile. Ha perduto la causa, comunque. Ergo: se un giornalista querela chiede i danni in penale, se un diffamato da un giornalista denuncia è bavaglio alla stampa ed estorsione in caso di ragione?
- L’articolo 595 del codice penale prevede una condanna per chi diffama a mezzo stampa, cosa non gradita ai sacerdoti dei mass media. Sorge il dubbio che, forse, tante fregnacce si potrebbero evitare, con un netto miglioramento della qualità dell’informazione e della veridicità dei fatti esposti.
Insomma, in un sistema dove in sanità si applica lo scudo penale e il segreto militare, dategliela ‘sta immunità ai giornalai di regime, purché non invochino Assange: la personificazione della differenza tra giornalismo investigativo e scriba del Palazzo.