Italicum – Gennaio 2020

Il fenomeno delle sardine – in altri luoghi specificato come sintomo convulsivo e non movimento politico – è esattamente il cascame ultimo di quel liberal-capitalismo che ha distrutto le Nazioni, ha dilaniato i popoli, ha devastato le identità e ora sta sconvolgendo l’intera civiltà occidentale.

La sua repentina apparizione è, in realtà, l’ultima tattica posta in essere di quella che Carl Schmitt definisce come la “neutralizzazione del Politico”. Una comparsa né casuale né spontanea, ma eterodiretta, più o meno consapevolmente, da quelle forze disgregatrici delle comunità e dell’uomo che si rifanno alla mistica del mercato e alla teologia della finanza.

Che ci siano delle forze coordinatrici, e quali siano le loro identità, è una questione secondaria in questo contesto. Così come è irrilevante che poi possano, le sardine, sostenere o meno una sinistra alla deriva: verrebbero assorbite e si estinguerebbero comunque. Quello che è interessante mettere in evidenza è la continuità del messaggio con quella che è stata l’“operazione 5Stelle”.

Nella comunicazione verbale e comportamentale c’è una denigrazione generale della politica e la sua sostituzione con quella vaga entità di dubbia consistenza definita con il termine di “società civile”.

Le due espressioni popolari, con il peggioramento del quadro piazzaiolo delle sardine rispetto al tanto velleitario quanto sconclusionato antiparlamentarismo pentastellato, non sono una novità del nostro tempo nelle loro esternazioni antistatali e antipolitiche.

Se facessimo un excursus storico-filosofico dell’impianto di pensiero che sottende la loro teoria e prassi dovremmo partire dai padri della dottrina cristiana per passare da Grozio, a Locke, ad Adam Smith, ad Hayek e via via elencando. In sostanza, e per concisione, è sufficiente focalizzare l’analisi sui due fondamenti del liberismo: l’individualismo e il primato dell’economia. È questo lo statuto ideologico che ha portato a depotenziare, fino ad annullare, l’idea stessa di Stato,  per ridurre questo ad un semplice gestore, ad un notaio degli egoismi del singolo e di eventuali minoranze.

Il liberismo, e la sua declinazione concreta della società di mercato, da sempre ha condotto una strategia di denigrazione, prima, e di disattivazione, dopo, della sovranità statale.

Lo Stato viene denunciato come una costruzione artificiale atta a comprimere le pulsioni individuali e collettive dei suoi cittadini, e la comunità, al quale lo Stato dovrebbe sovraintendere, accusata di essere costrittiva e liberticida per le istanze spontaneistiche degli stessi.

“Meno Stato, più mercato. Come ridurre lo Stato per risanare il paese”, è il titolo di un saggio di Franco Reviglio, economista e politico, noto per il registratore di cassa e lo scontrino fiscale. Per citare una formula del grande dissidente Aleksandr Zinov’ev: questa è l’ideologia per dimostrare la fine delle ideologie.

Lo Stato, quale creatore di senso comunitario, di condivisione di passato e di destino, è stato presentificato come curatore dei vizi e delle debolezze popolari. Lo Stato, detentore del potere decisionale e della volontà etica, è stato ridotto a sacrestano dell’umanitarismo e a organizzatore della quotidianità collettiva.

In questo senso, l’operazione del capitale e della finanza è stata di un successo totale, e le sardine ne sono la dimostrazione ittica.

Quando assisto all’esibizione folcloristica di certi gruppi che si definiscono “espressione della società civile” – dai girotondini alle sardine, dall’antagonismo rompivetrine ai travestimenti transgender – mi sembra di assistere a quel quadretto familiare in cui gli adulti sistemano i bambini nella stanza dei giochi, mentre loro concordano le ferie estive, il cambio dell’automobile e la rata del mutuo.

Fuori di metafora, mentre il sistema tecnico-funzionale definisce la struttura economica degli Stati, i tassi di usura e gli strozzinaggi delle nazioni, si offrono ai miseri di pensiero qualche distrazione di massa per farli sentire importanti e partecipi. È l’espressione massima della democrazia, dove tutti hanno diritto di parlare e nessuno conta un cazzo.

Tutti si chiedono che fine faranno le sardine. Una parte finirà a supportare da vittima lo stesso potere che le fa giocare e che comunque, nel panorama globalista finanziario, non ha voce in capitolo; una parte si scoprirà complice dello stesso potere che credeva di comandare; un’altra parte tornerà a quella realtà che pateticamente credeva superata.

Tutte in tre barili diversi: la fine inevitabile dei poveri di spirito, utili idioti del sistema, secondo la felice e sempre attuale definizione di Lenin.