Il rapporto dell’uomo con il suo indefinibile concetto di “benessere” è segnato dalla trasformazione della sua relazione con la natura, con l’evento della nascita, con il fenomeno innato della morte, in sostanza con tutte quelle variabili che fanno della vita un’impresa, un cammino, un’opportunità incontrollabili. La violenza prometeica ha destrutturato l’idea di percezione di sé – nel senso comune di sentimento vitale – per ridurla a documentazione clinica dello stato psicofisico. Fra un po’, a chi ci chiederà come stiamo risponderemo: “Gli ultimi esami ematochimici, gli ultimi approfondimenti strumentali, gli ultimi test cognitivi danno risposte negative” oppure “danno qualche alterazione che i tecnici stanno approfondendo”. Tutto sarà razionalizzato dentro parametri “scientifici” ai quali dovrà corrispondere una scheda di buona o cattiva salute. “Mi sento bene o mi sento male” resteranno delle formulazioni soggettive da selvaggi, senza alcuna importanza dal punto di vista della certezza tecnico-sanitaria, quindi, prive di valore. L’uomo, quindi, come oggetto di manutenzione forzata e non più come soggetto di volontaria certificazione. La delega tecnocratica dell’attestazione del nostro stato di viventi o di morti – dai neonatologi ai tanatocrati – non è ancora il supporto sufficiente per fondare in maniera decisa ed inequivocabile il nuovo Stato Terapeutico Totalitario, e allora le biotecnologie, in una sottile complicità con la prevenzione più sottile e la propaganda più scellerata, daranno l’ultimo colpo alla già ridotta libertà del singolo e alle sue garanzie di autonomia esistenziale.

L’utopia salutistica, associata ad un indebolimento psichico prima che fisico dell’individuo, ha scatenato le iniziative più esilaranti e distruttive nei confronti di ogni essere vivente. L’uomo non si rivolgerà più alla struttura sanitaria per la verifica delle sue condizioni o per la soluzione di un dubbio su un eventuale malessere, ma sarà il Sistema Igienico Nazionale – e Transnazionale – a codificare la sua progettazione, la sua prestazione e la sua rottamazione. Dalla mappatura dell’assetto genico al tracciato elettroenfalografico finale, saranno fior fior di esperti ad accreditarci una buona nascita, un corretto sviluppo ed una giusta morte. Il passaggio dal criterio di salute al paradigma di igiene non è individuabile in un salto quantitativo di parametri medici, ma in una pervasiva qualificazione di simboli di pulizia: è stato codificato il controllo dei comportamenti in nome di una purificazione mondialista.

I Ministri della Salute Europea – in altri termini, i Dominatori dell’Igiene Globalizzata – hanno ufficialmente dichiarato guerra alla trasgressione, e il prof. Sirchia ha sentenziato: “Sigarette, alcolici, troppo cibo: così cambierò il vostro stile di vita” (La Repubblica, 07.09.2003). L’equivoco deve essere mascherato. Chi può dichiararsi contrario alla propria salute, quale persona normale può ritenere cattivo l’impegno ad un miglioramento psichico e fisico di sé e della comunità d’appartenenza? Nessuno, ovviamente, ma dietro all’apparente bontà di questa preoccupazione c’è la montatura di un’utopia, la grettezza delle motivazioni e la pericolosità del metodo. L’utopia è quella di una medicina predittiva che sostituisca e coarti ogni variabile di natura per codificare un asettico percorso di vita all’insegna del profetiamo clinico e del decisionismo tecnologico; le giustificazioni sono prettamente economiche, l’ennesima puntualizzazione sui costi della salute che vanno a collegarsi con le disposizioni già in atto sui Livelli Essenziali di Assistenza: “già sempre di meno lo stato offrirà, con una accertata trasgressione anche la patologia conseguente sarà esclusa dal trattamento base”; la pericolosità è data dall’interventismo minaccioso o persuasivo sui comportamenti, la volontà di stabilire – in forza al potere costituito – lo stile di vita congruo o difforme rispetto a precisi parametri di normalità.

Un controllo permanente, totalitario, penetrante entrerà nella vita di ogni singolo cittadino, influenzerà le sue abitudini, i suoi pensieri, i suoi desideri, i suoi godimenti. Tutti i sudditi, ossessionati da indicatori prestabiliti dal grande apparato igienista e igienizzante, vivranno una sana e grigia vita da mutuati nell’attesa che un super esperto, in caso di qualche malattia – a questo punto solo opera del maligno, non certo della natura tenuta strettamente sotto controllo sanitario – stabilisca, con l’alzata o l’abbassamento del pollice, l’opportunità di accedere a cure particolarmente impegnative e costose. E i ribelli, non solo giovani? O stroncati e ridotti a mandria mansueta dagli imbonitori della propaganda, o emarginati e additati al pubblico ludibrio. E la canea belante della convinzione collettiva potrà finalmente rivendicare il diritto dei cento giorni da pecora contro anche l’unico, solo ma qualificante giorno da leone. O semplicemente da uomo?