Caligola era un tipo un po’ strano, pieno di sé, ricercato nel vestire, alla moda e talmente presuntuoso da autoriferirsi come a Giove, deificandosi da vivo. Aveva a tal punto in disprezzo il Senato – e qualcun altro pure la Camera dei Deputati – da nominare senatore il suo cavallo Incitatus, tanto per chiarire la sua irraggiungibile arroganza di potere. Si dice che praticò l’incesto con le tre sorelle e non si preoccupava dei giudizi del popolo. Anzi, amava talmente tanto la sorella Drusilla che regalò “un milione di sesterzi ad un uomo che aveva giurato di aver visto la defunta Giulia salire in cielo e conversare amabilmente con gli dei”. I pretoriani fidati di cui si era circondato, un giorno, si frantumarono le palle di assecondarlo, e due lo fecero fuori a ventotto anni.

Passano i secoli – sembrava ieri – e a Roma spunta un tale, ammirato per le sue inappuntabili pochette, che non si tormenta per il giudizio popolare, in quanto sostenuto narcisisticamente dalle gentili e premurose baby supporters. Girano voci su alcuni benefici per il suocero – i sesterzi erano stati sostituiti da Monti, depredando il resto dell’Impero – tanto amasse la di lui figlia. Quando parla, soprattutto in orari notturni per dare un’atmosfera mistica ai suoi fantasiosi proclami, non riferisce dati e elementi di valore, ma declama successi futuri, vaticina disastri inauditi, si propone umilmente come salvatore della Patria. Anche lui ha i suoi scagnozzi, ma non sono armigeri, ma spettrali figuranti usciti dal nulla e lautamente stipendiati. C’è chi faceva l’animatore in centri estivi, chi vendeva bibite allo stadio, che il disc jockey in qualche discoteca, chi il bellimbusto al Grande Fratello. Insomma, ogni decadenza ha i suoi protagonisti.

Però manca il cavallo nella diffusa follia. Ed ecco spuntare Fedez, un simbolo senza le quattro zampe ma chiamato direttamente dall’autoproclamato Altissimo a nitrire indicazioni di comportamento ai giovani. Il rapper che dà consigli di salute e di epidemiologia sfoggiando magliette con il messaggio governativo.

A questo punto non resta che dare ragione a Karl Marx: “La storia si ripete due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”.

Per questo motivo ritengo che sbaglino – dal punto di vista storico-filosofico, non di principio – coloro che invocano esecuzioni per questi personaggi, sfogandosi nei vari social.

Di fronte ad un dramma storico la morte ci sta, ma per questi il lavoro del boia sarebbe uno spreco di denaro pubblico: ogni condanna a morte dà dignità al condannato.

Io penserei alla gogna. Non quella mediatica, già scivola loro addosso agevolmente, ma quella vera, comodo e innocuo attrezzo del tempo passato. Ognuno di questi personaggi esposto di sabato e di domenica, dalle 8:00 alle 20:00, per un tempo da definire, davanti ai rispettivi ex luoghi di lavoro; per i resto dei giorni ridurli alla vita di noi comuni cittadini, esperienza di cui si sono vergognosamente dimenticati.