Le modalità di informazione sul fenomeno degli affidi e sulla gestione delle case-famiglia presentano alcuni rischi da non sottovalutare, sia dal punto di vista della conoscenza corretta della questione degli abusi, sia delle conseguenze giudiziarie per coloro che di questi risultano essere i protagonisti più o meno diretti.
Il caso-Bibbiano è diventato il simbolo di un malfunzionamento che sembra partire da lontano e diffuso in più distretti del territorio nazionale.
Da un lato, sono saltati all’evidenza mediatica i personaggi più disparati con voci e atteggiamenti che ritengo quanto meno equivoci, nel senso che hanno assunto delle posizioni teatrali e spettacolari per alzare le vele al vento favorevole della politica popolare. Dall’altro, personaggi altrettanto equivoci tuttora cercano di minimizzare gli accadimenti relegandoli alla responsabilità individuale e, al massimo, alla scadente gestione di qualche gruppo di operatori.
Nel primo caso, il polverone rischia di diventare un semplice palcoscenico di indignazione facendo perdere di vista i problemi concreti di certe famiglie e di certi minori, inquinando quella realtà di disagio e di malfunzionamento patologico che purtroppo esiste nei fatti. Nel secondo caso, si cerca di sviare l’attenzione verso l’illegalità e la cattiveria di alcuni individui, cercando di nascondere la regìa che sta alla base di quello che emerso e sta emergendo dalle indagini in corso.
Che le indagini sugli illeciti finanziari proseguano, che gli organi professionali intervengano sulle competenze degli operatori, che la magistratura incastri i responsabili diretti dei reati che sono stati commessi e sulle complicità più o meno evidenti dei politici perfettamente targati, ma quello che è avvenuto è solo un sintomo, la sbavatura eccessiva di una strategia psicopolitica che è iniziata decenni fa.
Il caso-Bibbiano è il simbolo di una degenerazione che parte da lontano, di una lotta senza quartiere nei confronti dell’istituzione famigliare.
Messa in discussione quale dispositivo di oppressione e di condizionamento dei giovani, si è poi passati alla critica totale delle stesse funzioni genitoriali, castrando i padre in quanto esercente di autoritarismo e di repressione, ed castrando la madre nel suo aspetto di accudimento e di disponibilità domestica. La prima figura doveva essere <<sempre più interdetta, maltrattata, svalorizzata>>, come precisa lo psicanalista francese Charles Melman, la seconda aizzata a liberarsi dal fardello di natura per espandersi nel mondo dell’impresa e della scalata sociale.
È stato un cortocircuito psicologico e simbolico devastante: se noi prevediamo un’altra realtà, questa deve essere in ogni modo superata e, per farlo, dobbiamo stabilire dei parametri per definire la sua malattia.
Lo stesso Melman avverte che <<nessun sistema sociale ha finora funzionato senza prendere in conto la differenza dei sessi>>, ma nonostante questa documentazione storica, etnologica, sociologica, l’attacco è proseguito senza alcun ripensamento.
Ma ancora non bastava. Bisognava alzare il tiro della dissoluzione, ed ecco arrivare l’autorizzazione all’adozione per le coppie omosessuali o, addirittura, all’utero in comodato d’uso da parte di omosessuali per avere in diretta un proprio figlio fresco di parto altrui.
Insomma, ci troviamo di fronte ad una strategia di disgregazione di qualsivoglia limite e norma, una operazione di decostruzione della stessa natura per sostituirla con una dimensione che ha assunto aspetti di disumanità, di perversione. Perché esattamente di questo si tratta. Melman affonda la critica psicoanalitica e sociologica: <<La perversione diventa una norma sociale>>. Nei rapporti sociali, nelle relazioni interpersonali, l’Altro, qualunque età abbia, diventa un oggetto, importante solo per gratificare le pulsioni egoistiche, senza alcun valore psicologico e simbolico.
E che nessuno pensi che si finita qui, perché i passi verso lo sdoganamento della pedofilia, la manipolazione farmacologica della pubertà, la liberalizzazione della pedopornografia ed altre devianze e distorsioni mentali, si fanno sempre più rapidi e decisi.
È inutile scandalizzarsi, quindi, dell’intervento massiccio delle lobbies LGBT, della prospettata copertura di una sinistra disfattista, nella questione degli affidi e della gestione di sedicenti gruppi terapeutici o case-famiglia.
Va bene punire i responsabili degli illeciti, siano essi amministrativi e procedurali, ma attenzione che questi sono solo pedine di un disegno molto più pervasivo e reticolare, supportato da un potere politico altrettanto tentacolare e nefasto nella sua influenza.